Vinicio Capossela — Canzoni della Cupa (5 maggio 2016) |

Vinicio Capossela — Canzoni della Cupa (5 maggio 2016)
★ Canzoni della Cupa è un disco in due parti, anzi, in due lati. Vinicio Capossela (Hannover, 1965) cantore, songwriter, chansonnier, intrattenitore. Compositore di libri e scrittore di canzoni.
Location: Roma, Italia
Genre: Musica d’autore, World music, Rebetiko
Strumento: pianoforte, fisarmonica, chitarre, percussioni
Album release: 5 maggio 2016
Record Label: La Cùpa/Warner
Duration: 58:07 + 64:10 => 122:17
Tracks:
Disc 1: Polvere
01 Femmine 3:27
02 Il lamento dei mendicanti 3:27
03 La padrona mia 3:31
04 Dagarola del Carpato 3:46
05 L’acqua chiara alla fontana 3:56
06 Zompa la rondinella 5:11
07 Franceschina la calitrana 3:47
08 Sonetti 5:26
09 Faccia di corno 3:13
10 Pettarossa 3:27
11 Faccia di corno — L’aggiunta 4:09
12 Nachecici 3:48
13 Lu furastiero 1:56
14 Rapatatumpa 3:48
15 La lontananza 2:54
16 La notte è bella da soli 2:19
Disc 2: Ombra
17 La bestia del grano 5:33
18 Scorza di mulo 5:48
19 Il pumminale 4:40
20 Le creature della Cupa 5:33
21 La notte di San Giovanni 5:48
22 L’angelo della luce 4:59
23 Componidori 5:13
24 Il bene mio 3:37
25 Maddalena la castellana 4:00
26 Lo sposalizio di Maloservizio 5:00
27 Il lutto della sposa 3:00
28 Il treno 10:59
VINICIO CAPOSSELA © 2016
Notes:
■ “Il Pumminale” deriva dal nome che la cultura popolare dava all’antico Licantropo, il cane mannaro, che misura guardando alla luna l’ampiezza della sua solitudine. “Il Pumminale”, primo brano estratto da “Canzoni della Cupa”, è ispirato a una delle doppie anime dell’uomo che la cultura popolare — dove più labile era il confine tra Realtà e mondo della Verità — ci ha abituato a conoscere. Un mondo in cui non c’è distinzione netta tra umano e animale, in cui tutta la natura è espressione della divinità e per questo inconoscibile, se non con l’esperienza diretta. Il video del brano è un vero e proprio “short movie” girato in Irpinia dal regista americano Lech Kowalski, figura di culto nella scena cinematografica underground.
Description:
♠ “Cari tutti, grazie per l’incoraggiamento di questi giorni e di questi anni.
★ Come forse sapete oggi si compie il gesto atletico del lancio del disco. Registrazioni sovrapposte per tredici anni si rendono pubbliche. Fossimo all’epoca dei dischi in vinile sarebbe un disco triplo, altra disciplina olimpica. A un certo punto questa storia doveva finire.
■ Le canzoni della terra si accoppiano tra loro e a lasciarle in grotta si riproducono. Sono onnigame, si accoppiano con tutto. A continuare sarebbe certamente diventato quintuplo.
♠ Dunque oggi lo sganciamo.
★ Lo abbiamo guarnito di tutto, vestito di carta come pinocchio, abbecedario, spine, sterpi, polvere da buttare negli occhi. Saprà difendersi: che faccia la sua strada.
■ Viene da un tempo immobile e ora se ne andrà a cercare la sua strada tra il vorace tempo dell’orologio. E’ fuori scala anche nel formato. Lo si può scartare come un cioccolatino, o come una mappa del tesoro. Vi può accompagnare a lungo.
♠ Ognuna delle canzoni che lo compone potrebbe essere un disco a se. Ci sono cose per la stagione calda, altre da mettere da parte per l’inverno. Sono canzoni che vengono dal mondo della terra, che è ciclico, si ripete e in un a certo senso non passa mai.
★ C’è n’è per ballare e per rimanere soli. In questi giorni mi è toccato e mi toccherà straparlare ovunque sulla materia. Ma in realtà è materia che si spiega da sola. Appartiene all’inconscio di tutti noi. La ri–conosciamo.
■ La Cupa è la contrada oscura, quella dove batte poco il sole, quella dove le cose si nascondono alla vista. Quella dove si consumano gli amori illeciti, quella dove si fanno vere le creature che si vogliono celare allo sguardo. Ad aprirgli la porta verranno a molestarvi, come hanno molestato me per tutti questi anni.
♠ A scavare la terra si arriva all’aurora del tempo.
★ Fa paura, però anche incanta. Peggio per tutti.
■ Buona fortuna.
♠ Alle canzoni della cupa e anche a chi voglia prestarvi ascolto.
★ Oggi gli vado a dare la benedizione sotto l’egida di santo Nicola, il protettore delle vittime dei propri errori.
■ Buona fortuna anche a me.” (Guarramon), 6 Maggio 2016 In Discografia, Vinicio
★■♠-----------------------------■♠★
© Fotografia di Valerio Spada
♠ Il lato esposto al Sole, il lato che dissecca, che asciuga al vento.
♠ Il lato della Polvere.
★ Il lato della ristoccia riarsa, su cui il grano è stato mietuto. Il lato del lavoro costato quel grano. Il lato del sudore e dello sfruttamento di quel lavoro.
★ E poi il lato in Ombra, il lato lunare, il lato dello sterpo e dei fantasmi. Il lato degli ululati e dei rovi, dei rami che contro luna danno corpo alle creature che si fanno vedere da uno solo alla volta per sfuggire alla classificazione zoologica. Il lato delle creature della Cupa, del pumminale, del cane mannaro, della bestia nel grano. Il lato dei mulattieri che rubano legna la notte, il lato delle fughe d’amore. Il lato delle apparizioni.
♠ È un disco in due parti e si è sviluppato in due stagioni di registrazione. Due annate distanti tra loro più di un decennio perché i rovi s’ispessissero e mettessero più a fondo radici. Perché quella Polvere generasse l’Ombra.
♠ La prima registrazione avvenne al secco della stagione, nell’estate 2003. Una sessione scarna, disseccata, appunto. Due violini, un cymabalon, un contrabbasso e la voce accompagnata dalla sua chitarra…
■ E poi, undici anni dopo, la sessione nell’ombra dell’autunno 2014 dilatata fino al 2015. Quei brani avevano generato altri brani che si raccolsero in una sessione ritirata, registrata tra i vicoli del paese dell’Eco, al fuoco di fornacella, nel paese dell’origine.
■ Dalla frontiera maternale d’oriente, quella del gallo turco nascosto già nel bagagliaio di liveinvolvo, sono poi dilagate oltre oceano, fino a raggiungere l’altra frontiera che le coste paternali dell’Ofanto da sempre mi evocano…
★ Quel west che qui tutti si vogliono fottere, tanto hanno avuto esperienze di selle, muli, ferrovie e paesaggi da resa dei conti.
★ Dalla frontiera del lupo, le vallate irpino lucane, alla terra del coyote, l’opera si è andata completando con la frontiera texano mexicana di Flaco Jimenez in San Antonio, Texas, quella dei Calexico del deserto di Tucson, fino a quella dei Los Lobos, i lupi che stracciano la notte tra Messico e California.
♠ Nei vicoli del paese dell’origine sono venuti in diversi, voci e strumenti che del canto della terra hanno esperienza, Giovanna Marini, Enza Pagliara, Antonio Infantino, la Banda della Posta, Francesco Loccisano, Giovannangelo De Gennaro, e da più lontano Howe Gelb, Victor Herrero, Los Mariachi Mezcal, Labis Xilouris, Albert Mihai e diversi altri sempre accolti dalla triade produttiva della Cupa, Taketo Gohara, Asso Stefana e l’autore medesimo.
♠ Ognuno di questi paesi ha una contrada detta Cupa, un lato meno battuto dal sole dove l’immaginario e l’inconscio hanno ubicato le Leggende, e un lato riarso sul dorso della terra, un lato chiarito dall’ordine del Lavoro.
■ Un lato di polvere e sudore.
■ Questi due lati compongono un cerchio, un cerchio in cui il tempo si muove immobile.
★ A questo mondo attingono queste canzoni. Un mondo folclorico, rurale, mitico e mitologico, a cui ho cercato di dare voce affidandomi all’opera preesistente di un cantore come Matteo Salvatore, e poi al patrimonio delle canzoni di paese, e soprattutto a quel grande bacino che racchiude la saga epica della comunità, quello dei sonetti, i versi in rima, mai scritti, che si cantano uniti, affastellando le voci. E altri ancora ne ho trovati dentro di me, a lungo cercando tra i gradini, i vicoli, i rovi e le terre.
★ Tutti insieme, affastellati negli anni come fascine da fuoco, sono diventate le Canzoni della Cupa. Canzoni che mi hanno dato calore e radice, paura e conforto.
♠ Non c’è nulla di rassicurante nella musica folk, affermava Dylan. Ed è vero. Sono canzoni in cui l’uomo è esposto alle forze della terra, alle sue radici che avviluppano e strangolano, ai suoi rovi che infliggono ferite, alle forze della notte, ai dirupi di una natura crudele e arcana, allo sfruttamento e alla sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo.
♠ Che espongono alle malizie umane, alla crudeltà delle piccole comunità. Musiche che non lasciano fuori dalla porta il lutto, la separazione e il dolore.
■ Che non pongono limiti alla Festa, all’abbondanza dissipatoria che sconfina nella morte. Ma sono anche canti che ricompongono un rapporto tra cielo e terra, condizione in cui spesso stiamo sospesi incoscienti, inconsapevoli, come sonnambuli.
■ Che ci fanno ancora sentire freddo, emozione, desiderio, paura, senso dell’avventura, euforia, lutto e morte.
★ Che ci dicono di appartenere a un mondo più vecchio di noi, a cui la Storia cambia volto e superficie, ma che resiste, e ci ricorda di essere solo uomini sulla terra nuda.
★ Terra Cupa sfuggita al cielo.
Discografia:
■ 1990 | ALL’UNA E TRENTACINQUE CIRCA
■ 1991 | MODÌ
■ 1994 | CAMERA A SUD
■ 1996 | IL BALLO DI SAN VITO
■ 1998 | LIVEINVOLVO
■ 2000 | CANZONI A MANOVELLA
■ 2003 | L’INDISPENSABILE
■ 2006 | OVUNQUE PROTEGGI
■ 2006 | NEL NIENTE SOTTO IL SOLE | GRAND TOUR 2006
■ 2008 | DA SOLO
■ 2009 | SOLO SHOW ALIVE
■ 2010 | THE STORY–FACED MAN
■ 2011 | MARINAI, PROFETI E BALENE
■ 2012 | REBETIKO GYMNASTAS
■ 2016 | CANZONI DELLA CUPA
Lyrics:
Il lamento dei mendicanti
01
Fate la carità a questi pezzenti
che quello che ci date noi prendiamo
quello che date a noi va per i morti
rinfrescate le anime del purgatorio
02
I poveretti tutti ce l’hanno data
i ricchi non hanno buttato neanche un tozzo
o Gesù Cristo mio tu l’hai fa murì
i ricchi il pane a noi non ce l’hanno dato
03
Il sacco ora s’è pieno, noi ce ne andiamo
i figli a noi ci aspettano e la fame
i cani tirano verso le case nostre
i figli vogliono il pane, hanno a mangiare
04
I cani non ce la fanno più a tirare
il polverone ceca gli occhi ai cani
siamo rimasti soli al mezzo della via
nessuno più ci può aiutare
nessuno più ci può aiutare
05
E siamo già arrivati alle mura nostre
i figli ora ci vengono ad affrontare
le mani dentro il sacco buttano sul pane
mangiate figli miei
fino a quando vi saziate
mangiate figli miei
fino a quando vi saziate
06
Fate la carità a questi pezzenti. ♣■★♠♦♣
La padrona mia
1
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
2
I capelli ha coi ricci in fronte
le ridono sugli occhi e sulle guance
pare essere che sia nata selvaggia
che il vento la solleva e la maneggia
3
Quando cammina scuote il petto tondo
quei fianchi ondeggiano nell’andatura
mi scioglie il cuore in petto questa creatura
quando si china io non ho più cura
4
E quando va per l’acqua giù alla fonte
l’amore vuole fare con l’amante
e alza il petto e scuote la fronte
quello che lei gli fa lui solo sa…
5
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
Strum.
6
E quando va per l’acqua giù alla fonte
l’amore vuole fare con l’amante
e alza il petto e scuote la fronte
e hiii…
7
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
8
Una volta che la vidi sola
così come la fece la natura
distesa se ne stava e pensierosa
da allora il petto mio più non riposa (2)
ume ♣■★♠♦♣
Website: http://www.viniciocapossela.it/
Twitter: https://twitter.com/vcapossela
Facebook: https://www.facebook.com/viniciocapossela
■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■★♠♦♣■
Vinicio Capossela — Canzoni della Cupa (5 maggio 2016) |
Location: Roma, Italia
Genre: Musica d’autore, World music, Rebetiko
Strumento: pianoforte, fisarmonica, chitarre, percussioni
Album release: 5 maggio 2016
Record Label: La Cùpa/Warner
Duration: 58:07 + 64:10 => 122:17
Tracks:
Disc 1: Polvere
01 Femmine 3:27
02 Il lamento dei mendicanti 3:27
03 La padrona mia 3:31
04 Dagarola del Carpato 3:46
05 L’acqua chiara alla fontana 3:56
06 Zompa la rondinella 5:11
07 Franceschina la calitrana 3:47
08 Sonetti 5:26
09 Faccia di corno 3:13
10 Pettarossa 3:27
11 Faccia di corno — L’aggiunta 4:09
12 Nachecici 3:48
13 Lu furastiero 1:56
14 Rapatatumpa 3:48
15 La lontananza 2:54
16 La notte è bella da soli 2:19
Disc 2: Ombra
17 La bestia del grano 5:33
18 Scorza di mulo 5:48
19 Il pumminale 4:40
20 Le creature della Cupa 5:33
21 La notte di San Giovanni 5:48
22 L’angelo della luce 4:59
23 Componidori 5:13
24 Il bene mio 3:37
25 Maddalena la castellana 4:00
26 Lo sposalizio di Maloservizio 5:00
27 Il lutto della sposa 3:00
28 Il treno 10:59
VINICIO CAPOSSELA © 2016
■ “Il Pumminale” deriva dal nome che la cultura popolare dava all’antico Licantropo, il cane mannaro, che misura guardando alla luna l’ampiezza della sua solitudine. “Il Pumminale”, primo brano estratto da “Canzoni della Cupa”, è ispirato a una delle doppie anime dell’uomo che la cultura popolare — dove più labile era il confine tra Realtà e mondo della Verità — ci ha abituato a conoscere. Un mondo in cui non c’è distinzione netta tra umano e animale, in cui tutta la natura è espressione della divinità e per questo inconoscibile, se non con l’esperienza diretta. Il video del brano è un vero e proprio “short movie” girato in Irpinia dal regista americano Lech Kowalski, figura di culto nella scena cinematografica underground.
Description:
♠ “Cari tutti, grazie per l’incoraggiamento di questi giorni e di questi anni.
★ Come forse sapete oggi si compie il gesto atletico del lancio del disco. Registrazioni sovrapposte per tredici anni si rendono pubbliche. Fossimo all’epoca dei dischi in vinile sarebbe un disco triplo, altra disciplina olimpica. A un certo punto questa storia doveva finire.
■ Le canzoni della terra si accoppiano tra loro e a lasciarle in grotta si riproducono. Sono onnigame, si accoppiano con tutto. A continuare sarebbe certamente diventato quintuplo.
♠ Dunque oggi lo sganciamo.
★ Lo abbiamo guarnito di tutto, vestito di carta come pinocchio, abbecedario, spine, sterpi, polvere da buttare negli occhi. Saprà difendersi: che faccia la sua strada.
■ Viene da un tempo immobile e ora se ne andrà a cercare la sua strada tra il vorace tempo dell’orologio. E’ fuori scala anche nel formato. Lo si può scartare come un cioccolatino, o come una mappa del tesoro. Vi può accompagnare a lungo.
♠ Ognuna delle canzoni che lo compone potrebbe essere un disco a se. Ci sono cose per la stagione calda, altre da mettere da parte per l’inverno. Sono canzoni che vengono dal mondo della terra, che è ciclico, si ripete e in un a certo senso non passa mai.
★ C’è n’è per ballare e per rimanere soli. In questi giorni mi è toccato e mi toccherà straparlare ovunque sulla materia. Ma in realtà è materia che si spiega da sola. Appartiene all’inconscio di tutti noi. La ri–conosciamo.
■ La Cupa è la contrada oscura, quella dove batte poco il sole, quella dove le cose si nascondono alla vista. Quella dove si consumano gli amori illeciti, quella dove si fanno vere le creature che si vogliono celare allo sguardo. Ad aprirgli la porta verranno a molestarvi, come hanno molestato me per tutti questi anni.
♠ A scavare la terra si arriva all’aurora del tempo.
★ Fa paura, però anche incanta. Peggio per tutti.
■ Buona fortuna.
♠ Alle canzoni della cupa e anche a chi voglia prestarvi ascolto.
★ Oggi gli vado a dare la benedizione sotto l’egida di santo Nicola, il protettore delle vittime dei propri errori.
■ Buona fortuna anche a me.” (Guarramon), 6 Maggio 2016 In Discografia, Vinicio
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♠ Il lato esposto al Sole, il lato che dissecca, che asciuga al vento.
♠ Il lato della Polvere.
★ Il lato della ristoccia riarsa, su cui il grano è stato mietuto. Il lato del lavoro costato quel grano. Il lato del sudore e dello sfruttamento di quel lavoro.
★ E poi il lato in Ombra, il lato lunare, il lato dello sterpo e dei fantasmi. Il lato degli ululati e dei rovi, dei rami che contro luna danno corpo alle creature che si fanno vedere da uno solo alla volta per sfuggire alla classificazione zoologica. Il lato delle creature della Cupa, del pumminale, del cane mannaro, della bestia nel grano. Il lato dei mulattieri che rubano legna la notte, il lato delle fughe d’amore. Il lato delle apparizioni.
♠ È un disco in due parti e si è sviluppato in due stagioni di registrazione. Due annate distanti tra loro più di un decennio perché i rovi s’ispessissero e mettessero più a fondo radici. Perché quella Polvere generasse l’Ombra.
♠ La prima registrazione avvenne al secco della stagione, nell’estate 2003. Una sessione scarna, disseccata, appunto. Due violini, un cymabalon, un contrabbasso e la voce accompagnata dalla sua chitarra…
■ E poi, undici anni dopo, la sessione nell’ombra dell’autunno 2014 dilatata fino al 2015. Quei brani avevano generato altri brani che si raccolsero in una sessione ritirata, registrata tra i vicoli del paese dell’Eco, al fuoco di fornacella, nel paese dell’origine.
■ Dalla frontiera maternale d’oriente, quella del gallo turco nascosto già nel bagagliaio di liveinvolvo, sono poi dilagate oltre oceano, fino a raggiungere l’altra frontiera che le coste paternali dell’Ofanto da sempre mi evocano…
★ Quel west che qui tutti si vogliono fottere, tanto hanno avuto esperienze di selle, muli, ferrovie e paesaggi da resa dei conti.
★ Dalla frontiera del lupo, le vallate irpino lucane, alla terra del coyote, l’opera si è andata completando con la frontiera texano mexicana di Flaco Jimenez in San Antonio, Texas, quella dei Calexico del deserto di Tucson, fino a quella dei Los Lobos, i lupi che stracciano la notte tra Messico e California.
♠ Nei vicoli del paese dell’origine sono venuti in diversi, voci e strumenti che del canto della terra hanno esperienza, Giovanna Marini, Enza Pagliara, Antonio Infantino, la Banda della Posta, Francesco Loccisano, Giovannangelo De Gennaro, e da più lontano Howe Gelb, Victor Herrero, Los Mariachi Mezcal, Labis Xilouris, Albert Mihai e diversi altri sempre accolti dalla triade produttiva della Cupa, Taketo Gohara, Asso Stefana e l’autore medesimo.
♠ Ognuno di questi paesi ha una contrada detta Cupa, un lato meno battuto dal sole dove l’immaginario e l’inconscio hanno ubicato le Leggende, e un lato riarso sul dorso della terra, un lato chiarito dall’ordine del Lavoro.
■ Un lato di polvere e sudore.
■ Questi due lati compongono un cerchio, un cerchio in cui il tempo si muove immobile.
★ A questo mondo attingono queste canzoni. Un mondo folclorico, rurale, mitico e mitologico, a cui ho cercato di dare voce affidandomi all’opera preesistente di un cantore come Matteo Salvatore, e poi al patrimonio delle canzoni di paese, e soprattutto a quel grande bacino che racchiude la saga epica della comunità, quello dei sonetti, i versi in rima, mai scritti, che si cantano uniti, affastellando le voci. E altri ancora ne ho trovati dentro di me, a lungo cercando tra i gradini, i vicoli, i rovi e le terre.
★ Tutti insieme, affastellati negli anni come fascine da fuoco, sono diventate le Canzoni della Cupa. Canzoni che mi hanno dato calore e radice, paura e conforto.
♠ Non c’è nulla di rassicurante nella musica folk, affermava Dylan. Ed è vero. Sono canzoni in cui l’uomo è esposto alle forze della terra, alle sue radici che avviluppano e strangolano, ai suoi rovi che infliggono ferite, alle forze della notte, ai dirupi di una natura crudele e arcana, allo sfruttamento e alla sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo.
♠ Che espongono alle malizie umane, alla crudeltà delle piccole comunità. Musiche che non lasciano fuori dalla porta il lutto, la separazione e il dolore.
■ Che non pongono limiti alla Festa, all’abbondanza dissipatoria che sconfina nella morte. Ma sono anche canti che ricompongono un rapporto tra cielo e terra, condizione in cui spesso stiamo sospesi incoscienti, inconsapevoli, come sonnambuli.
■ Che ci fanno ancora sentire freddo, emozione, desiderio, paura, senso dell’avventura, euforia, lutto e morte.
★ Che ci dicono di appartenere a un mondo più vecchio di noi, a cui la Storia cambia volto e superficie, ma che resiste, e ci ricorda di essere solo uomini sulla terra nuda.
★ Terra Cupa sfuggita al cielo.
Discografia:
■ 1990 | ALL’UNA E TRENTACINQUE CIRCA
■ 1991 | MODÌ
■ 1994 | CAMERA A SUD
■ 1996 | IL BALLO DI SAN VITO
■ 1998 | LIVEINVOLVO
■ 2000 | CANZONI A MANOVELLA
■ 2003 | L’INDISPENSABILE
■ 2006 | OVUNQUE PROTEGGI
■ 2006 | NEL NIENTE SOTTO IL SOLE | GRAND TOUR 2006
■ 2008 | DA SOLO
■ 2009 | SOLO SHOW ALIVE
■ 2010 | THE STORY–FACED MAN
■ 2011 | MARINAI, PROFETI E BALENE
■ 2012 | REBETIKO GYMNASTAS
■ 2016 | CANZONI DELLA CUPA
Lyrics:
Il lamento dei mendicanti
01
Fate la carità a questi pezzenti
che quello che ci date noi prendiamo
quello che date a noi va per i morti
rinfrescate le anime del purgatorio
02
I poveretti tutti ce l’hanno data
i ricchi non hanno buttato neanche un tozzo
o Gesù Cristo mio tu l’hai fa murì
i ricchi il pane a noi non ce l’hanno dato
03
Il sacco ora s’è pieno, noi ce ne andiamo
i figli a noi ci aspettano e la fame
i cani tirano verso le case nostre
i figli vogliono il pane, hanno a mangiare
04
I cani non ce la fanno più a tirare
il polverone ceca gli occhi ai cani
siamo rimasti soli al mezzo della via
nessuno più ci può aiutare
nessuno più ci può aiutare
05
E siamo già arrivati alle mura nostre
i figli ora ci vengono ad affrontare
le mani dentro il sacco buttano sul pane
mangiate figli miei
fino a quando vi saziate
mangiate figli miei
fino a quando vi saziate
06
Fate la carità a questi pezzenti. ♣■★♠♦♣
La padrona mia
1
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
2
I capelli ha coi ricci in fronte
le ridono sugli occhi e sulle guance
pare essere che sia nata selvaggia
che il vento la solleva e la maneggia
3
Quando cammina scuote il petto tondo
quei fianchi ondeggiano nell’andatura
mi scioglie il cuore in petto questa creatura
quando si china io non ho più cura
4
E quando va per l’acqua giù alla fonte
l’amore vuole fare con l’amante
e alza il petto e scuote la fronte
quello che lei gli fa lui solo sa…
5
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
Strum.
6
E quando va per l’acqua giù alla fonte
l’amore vuole fare con l’amante
e alza il petto e scuote la fronte
e hiii…
7
E come pare la Padrona mia
quando si mette la sua veste nuova
mi pare una palomba quando vola
e vola intorno alla sua massaria
8
Una volta che la vidi sola
così come la fece la natura
distesa se ne stava e pensierosa
da allora il petto mio più non riposa (2)
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